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VITA

Elena Chioccarelli Denis

Un viaggio nella memoria per dipingere il presente 

 

Esposte in VITA, mostra personale di Elena Chioccarelli Denis, circa una settantina di opere, diverse tra loro per tecnica, formato e materiali, tutte unite sul filo rosso di un'unica storia: quella di Giulia e Saverio Patrizi, nonni materni dell'artista. 

VITA racconta il viaggio della  nonna Giulia, imbarcatasi per l'Etiopia nel 1938 per seguire il marito esploratore e zoologo, e il suo ritorno in Italia nel 1941, sola coi sei figli, nel terribile esodo che vide protagoniste altre migliaia di donne, bambini e feriti, in fuga dalla guerra e dall'invasione britannica. Una storia giunta a Elena in modo frammentario, attraverso diari, lettere e fotografie d'epoca: testimonianze intime e personali, emozioni vissute in prima persona e scritte sulle pagine di un diario, in cui Elena ha riconosciuto sé stessa come donna e come madre, instaurando con Giulia un nuovo e confidenziale rapporto. Commossa da questi "frammenti di vita", Elena ha intrapreso un viaggio nel passato di circa un secolo fa per riappropriarsi delle sue radici. Un passato recuperato, riassemblato, ricomposto e usato come punto di partenza per scrivere una nuova storia che parla anche di sé. Una storia che, col pennello dell'arte e dell'immaginazione, trasforma il bianco e nero del ricordo in un presente di colori, forme ed emozioni. In VITA pitture velate, frammenti di fotografie, stoffe e sculture diventano le diverse frasi di uno stesso racconto, che narra le varie tappe di un viaggio sospeso nell'atmosfera misteriosa -tra l'onirico e il nostalgico- di un ricordo ereditato, riscoperto, immaginato e infine espresso in forma e colore. Un viaggio che inizia con entusiasmo: la gioia di una Giulia appena trentenne che si imbarcava coi suoi 5 figli alla volta di una terra lontana, verso un futuro carico di promesse. Questo entusiasmo è tradotto da Elena in colori caldi, toni luminosi e accesi stesi su tele di grande formato per dipingere i profili di paesaggi africani descritti con meraviglia nelle pagine dei diari di Giulia. Ore calde, terre calde. In Terre calde, Ore calde, Cartografia I e II pennellate di ocra, giallo e rosso - colori del deserto e della savana - si fondono con l'azzurro del cielo e il verde della vegetazione illuminata dal sole. Immagini irradiate di luce, che riflettono i radiosi pensieri di Giulia: «Partire, parola che inebria». (Giulia, diario) Una partenza che è metafora della gioventù, età in cui il futuro entusiasma e partire è sinonimo di avventura, di un viaggio verso la libertà in terre sconosciute. Terre dove regnano gioia, spensieratezza, meraviglia e stupore: le stesse sensazioni che scandivano il primo periodo di Giulia felice nella terra del Sole, Cartografia I e II, Partire, Primavera Africana.

 «Come una bambina che scopre ogni momento cose mai viste, un arbusto, un fosso, un uccello; “esco la mattina sola, in vestito di tela e sandali, giù nel profumo forte di gelsomini e guardo... e guardo... e godo...e mi sento libera e felice”. (Giulia, diario) Zampilli di felicità che, sulla grande tela di Libera e felice, scorrono in libere colate di azzurro, verde e bianco, disegnando un paesaggio simbolico, metafora dello stato di esaltazione e spensieratezza tipico delle prime fasi della vita adulta e indipendente. Una primavera spirituale, sospesa in un attimo di eterno presente; non un pensiero verso il passato né alcuna preoccupazione per il futuro. Si vive qui e ora, liberi, godendo di ogni istante. 

Ma giunge sempre, nella vita, il momento in cui la dura realtà sgretola il sogno delle nostre illusioni. Per Giulia questo momento arriva nel 1941, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: uno schiaffo improvviso e violento, che la fa piombare in una realtà brutale, sbattendole in faccia dolore e sofferenza. Strappata al marito Saverio, fatto prigioniero di guerra fino al 1946, Giulia e i suoi figli furono costretti a partire per un lungo esodo, prima a piedi, poi in camion e treno merci e poi in mare, a bordo delle "navi bianche" della Croce Rossa italiana, per sfuggire ai campi di concentramento britannico e tornare in patria, protagonisti di un'operazione umanitaria che coinvolse altre migliaia di donne, bambini, feriti e invalidi. Da libera e felice a Ombra, tutto cambia. Meraviglia ed entusiasmo lasciano il posto ad inquietudine, angoscia e incertezza. I caldi colori dei paesaggi africani colano via, sbiadendosi in poche pennellate di un grigio e nero di tristezza e dolore unito a rosso sangue, per dar forma ad alberi spogli e sinistri, terre aride, specchio della desolazione interiore che segue il crollo di un'illusione (Ombra, Terra bruciata#1 e #2, Le radici non bruciano). L'atmosfera piomba in un silenzio spettrale, immobile, assordante. Le figure umane perdono corporeità e si sciolgono in sagome accennate, esili, eteree ridotte dalla guerra a fragili esistenze. Una in fila all'altra, si trascinano a stento, in opere che illustrano il faticoso cammino verso le navi bianche (Fuga; Lascio dietro di noi; Esodo, In fila; Il viaggio etc.). Qui l'esodo assume i contorni di un viaggio nell'ombra, nel buio di Le radici non bruciano, Terra bruciata #1 e #2 , un'incertezza che logora, rendendoci fragili, come fili sospesi in uno spazio di mezzo, instabile e angosciante. Partire, di nuovo. Ma questa volta la partenza è separazione, abbandono, fuga. «Il passo è fatto, siamo usciti dalla vita libera, incanalati su una rotaia che non si sa dove ci porterà». (Giulia, diario) Esodo , Lascio dietro di noi, Fuga,In fila. Non c'è entusiasmo. Il presente è doloroso e il futuro è difficile da guardare: ha i contorni indefiniti, è incerto, fa paura. «Guardo quel bel paesaggio che fugge veloce... Il treno che ci porta via, verso una speranza, soltanto una speranza! Guardiamo quei monti che si allontanano e con i ragazzi ne ripetiamo i nomi, ricordando le belle gite fatte in quei posti». (Giulia, diario) Bisogna allora farsi forza l'un l'altro, mettersi in fila e camminare, per voltarsi indietro di tanto in tanto - come la donna ritratta in Omaggio al popolo etiope - e dare un ultimo sguardo al passato gioioso che ci si lascia alle spalle, per sempre. 

Partire, lasciare, abbandonare. E i ricordi si tingono di nostalgia, nella vita di Giulia troviamo ora una storia che ci parla di resilienza, di madri che, per amore dei figli, hanno saputo resistere a fatica, fame e dolore, aggrappandosi alla speranza di portarli in salvo, verso una vita e un futuro migliore. Tra le righe di questo esodo possiamo ora leggere le trame dei numerosi esodi della storia e di oggi, con la guerra in Ucraina e i profughi siriani. Avvenimenti che hanno spinto la stessa Elena a proseguire il racconto di VITA con le sculture Diaspora e Bottini di guerra. VITA ci pone dunque di fronte a un sentiero aperto, su cui si incrociano e sovrappongono viaggi diversi: il viaggio di Giulia in Etiopia e il viaggio di Elena nella sua storia familiare. Vite passate e vite presenti, che si incontrano sulla strada di uno stesso cammino. E in questa storia di vite possiamo incontrare anche la nostra quando, nel ripercorrerla, riconosciamo i temi e le tappe del cammino di tutti noi, che dalla nascita ci avventuriamo in un percorso fatto di arrivi e partenze, incontri ed addii, unioni e abbandoni. 

 

“Autobiografie di altri, immediatamente, erano diventate autobiografie per me perchè d'un tratto erano una parte fondamentale della mia vita e dei libri che prima o poi avrei scritto. Sì, la scoperta che le esistenze altrui possono contenere e raccontare le nostre.” - Rodrigo Fresán, La parte inventata.

 

Martina A. Parri 

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